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Percorsi di guerra e violenze - Le ipocrisie di un antimperialismo parziale

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Lo scatenarsi della guerra contro l’Ucraina da parte della Federazione Russa ha portato in evidenza un aspetto di cui poco si parla, che personalmente ritengo inquietante. Riassumendone il senso, si potrebbe dire che si tratta della palese partigianeria di una parte consistente della sinistra, intesa come complesso culturalmente identificabile, contro le visioni politiche e sociali del blocco occidentale, di cui pure storicamente e culturalmente è parte. Non mi riferisco tanto agli schieramenti istituzionali, che ormai ben poco hanno a che fare con i fondamenti teorici ed etici che a noi interessano, ma a un’area di opinione pubblica e di pensiero, ampia e variegata, convinta di far parte del patrimonio di scelte politiche e di idee tradizionalmente considerate di sinistra.Nonostante l’evidenza degli avvenimenti infatti, dopo aver condannato l’aggressione militare da parte della Russia quasi in modo frettoloso e per dovere, il primo elemento subito emerso in modo preponderante è stata l’affermazione decisa e accusatoria che la responsabilità di un simile attacco bellico non è addebitabile solo al «nuovo zar». Anzi, è maturata in breve la convinzione che in un certo senso Putin sarebbe stato costretto a scatenare la guerra dalle continue e sistematiche invadenze territoriali della NATO, tendenti per calcolo ad accerchiarlo e indebolirlo.