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Luce Fabbri

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Ancorata alla radice socialista dell’anarchismo malatestiano e del padre Luigi, ma al contempo spinta a svilupparlo e arricchirlo, Luce Fabbri è certamente da considerarsi una tra le figure intellettuali più interessanti e significative dell’anarchismo italiano e internazionale del Novecento.Testimone degli eventi e delle tragedie che attraversano tutto il XX secolo, Fabbri ha affrontato nel corso della sua esistenza alcuni tra i nodi centrali delle vicende storiche della realtà contemporanea. In lei ha convissuto sia una solida cultura politica, storica e letteraria, che, ad esempio, le permise nel 1949 di accedere in Uruguay all’insegnamento universitario, sia una massima apertura mentale verso i problemi del presente e del futuro. Nonostante ciò il suo pensiero, seppur accolto in numerose riviste del movimento, non venne compreso e dibattuto quanto avrebbe meritato e le sue idee passarono sostanzialmente inosservate. Anche chi, nel movimento anarchico italiano dalla fine degli anni Sessanta, riprese e sviluppò per esempio il tema della tecnoburocrazia, mettendo in evidenza pensatori come Luis Mercier Vega o riscoprendo personaggi come Bruno Rizzi, non si accorse delle pagine scritte da Luce Fabbri sullo stesso tema. Luce Fabbri nasce a Roma il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri e di Bianca Sbriccioli. Nell’ottobre del 1910 nasce a Bologna, dove la famiglia si era nel frattempo trasferita, il fratello Vero. Nell’autunno del 1926, dopo la definitiva affermazione del fascismo in seguito alle leggi «fascistissime» del 1925, il padre Luigi è costretto ad espatriare clandestinamente attraverso la frontiera svizzera, recandosi in Francia dove lo raggiungerà nell’anno successivo la moglie Bianca.Luce rimane da sola a Bologna per terminare gli studi universitari, ospite in casa di un amico di famiglia, il socialista Enrico Bassi. Due mesi dopo la laurea, ottenuta nel 1928, anche Luce decide di lasciare clandestinamente l’Italia, raggiungendo la famiglia a Parigi i primi di gennaio del 1929. Nel marzo dello stesso anno il padre Luigi è nuovamente costretto ad attraversare clandestinamente la frontiera con il Belgio, sotto la minaccia di arresto da parte della polizia francese. In aprile Luce e la madre lo raggiungono a Bruxelles e il mese successivo la famiglia parte dal porto di Anversa per l’Uruguay. Fin dall’inizio del suo arrivo nel nuovo paese Luce si impegna attivamente nel movimento anarchico uruguayano, scrivendo articoli e libri, tenendo conferenze e impegnandosi in svariati ambiti. I primi anni a Montevideo sono difficili per problemi economici e di inserimento, mentre la nostalgia dell’Italia si fa sentire in modo acuto. Per aiutare la famiglia, Luce impartisce lezioni private di italiano e greco, e partecipa alle commissioni annuali d’esame per l’italiano, che era materia curricolare nelle scuole secondarie superiori dell’Uruguay, ottenendo nel 1933 l’incarico di professoressa di storia in molte scuole, che svolgerà fino al 1970. Durante la prima estate nel nuovo paese, per ristabilirsi nella salute compromessa dal lungo viaggio, Luce trascorre un periodo di vacanza sulle montagne di Cordoba, in Argentina, ospite di Diego Abad de Santillán. È l’inizio di una lunga amicizia che durerà tutta la vita. Nel frattempo Luigi Fabbri avvia una nuova importante iniziativa editoriale, la pubblicazione della rivista «Studi Sociali», il cui primo numero esce nel marzo del 1930. Alla redazione collaborano Ugo Fedeli e Torquato Gobbi e Luce, che scrive alcuni articoli firmati con lo pseudonimo Lucia Ferrari.Il 6 settembre 1930, con il colpo di stato del generale Uriburu in Argentina, si scatena una feroce repressione contro gli anarchici. Quelli che riescono a fuggire riparano a Montevideo, dove vanno a ingrossare la comunità degli esiliati. Tra i profughi c’è anche Ermacora Cressatti, un muratore anarchico di origini friulane, di cui ben presto Luce si innamora e che diventa suo marito nel 1933. Alcuni anni dopo nasce la figlia Luisa.

Il 22 giugno 1935 muore Luigi Fabbri. Luce, gravemente ammalata, non può assistere ai suoi ultimi istanti e neppure prendere parte al funerale. La perdita del padre, che adorava, rappresenta uno dei più grandi dolori della sua vita. Cerca di reagire, continuando l’opera iniziata da Luigi, in particolare «Studi Sociali». Tra il 1936 e il 1939 Luce si impegna nel sostegno agli anarchici spagnoli che lottano sul doppio fronte della guerra contro Franco e della rivoluzione. Luce Fabbri «nasce» anarchica, favorita certamente dallo speciale ambiente familiare in cui poté crescere. Tutto il suo percorso esistenziale, intellettuale e politico si iscrive all’interno dell’ideale anarchico che non le impedisce di ancorare il suo pensiero a un forte principio di realtà e al contesto sociale e politico di appartenenza. Essere anarchica «da sempre» è ciò che rende Luce Fabbri un personaggio estremamente significativo per la pregnanza con cui ha vissuto e concretizzato la sua weltanschauung libertaria. Un altro elemento importante che la caratterizza è rappresentato dalla condizione dell’esilio, vissuto con grande sofferenza ma mai quanto quella del padre. Per la Fabbri l’Uruguay diventa il suo nuovo Paese, anche se l’Italia resterà sempre presente nella sua esistenza. Da quel momento questa condizione «binaria» diventa centrale per la sua esistenza e il suo pensiero. Nonostante questa sua scelta esistenziale, il movimento anarchico italiano resta un punto di riferimento fondamentale del suo agire di militante e intellettuale anarchica.Fin dal 1944 segue con entusiasmo i tentativi di riorganizzazione del movimento nella parte dell’Italia liberata da parte in particolare di Pio Turroni, Giovanna Caleffi e Cesare Zaccaria, tentativi che si concretizzeranno nel settembre del 1945 con il primo Congresso nazionale di Carrara che darà vita alla Federazione anarchica italiana. Luce Fabbri comunica il suo entusiasmo a Caleffi e Zaccaria, aderendo al progetto della rivista «Volontà» che tra il 1946 e il 1962 (anno della morte di Giovanna Caleffi) diviene uno degli spazi più importante del dibattito teorico dell’anarchismo italiano e internazionale, mettendo a contatto il movimento italiano con le voci più avanzate della cultura occidentale di timbro libertario. In quegli anni la Fabbri collabora assiduamente alla vita della rivista. Oltre ad affrontare argomenti legati all’attualità politica e sociale italiana e uruguayana, ai temi della pedagogia libertaria, alla ricostruzione storica, alla critica letteraria, si impegna in una riflessione sul fenomeno del totalitarismo, iniziata fin dagli anni Trenta, con diversi articoli. Essa rappresenta il contributo principale che diede a «Volontà». Articoli oggi riuniti e pubblicati nell’antologia Critica dei totalitarismi, uscita nel 2023 per le edizioni elèuthera. Nell’affrontare il tema del totalitarismo Luce Fabbri attinge alle più diverse e stimolanti correnti del pensiero «critico», dimostrando così la sua particolare apertura mentale e culturale. Al fianco del padre Luce aveva acquisito la conoscenza delle problematiche scaturite dal dibattito sulla rivoluzione russa e l’avvento del regime fascista in Italia; fa proprio e rielabora il pensiero di Errico Malatesta e di Camillo Berneri, ma si dimostra sensibile anche, per esempio, alle suggestioni che emersero dal «laboratorio parigino» degli anni Trenta.Tra le fonti a cui attinge vi sono anche le opere di Orwell, Il mito dello stato di Cassirer, La rivoluzione dei tecnici di Burnham; La nuova classe di Gilas, solo per fare qualche altro esempio. Molte delle sue intuizioni sul fenomeno del totalitarismo sono vicine a quelle espresse per esempio da Simone Weil o anticipano per alcuni aspetti quelle che furono poi sviluppate da Hannah Arendt, mentre le sue osservazioni sulla tecnoburocrazia presentano delle affinità con quelle formulate da Bruno Rizzi. Ai dogmatismi e alle certezze manichee di quegli anni Luce Fabbri rispose con un’indagine critica e analitica, insoddisfatta della vulgata corrente, animata da una costante problematicità e da una prospettiva culturale aperta.Per Luce Fabbri il fenomeno totalitario trova le sue origini storiche nel contesto creato della grande guerra. Comparando poi nazismo e stalinismo, Luce Fabbri dà una definizione riassuntiva del «sistema totalitario» in questi termini: «è l’unificazione dell’oppressione politica e dello sfruttamento economico delle grandi masse umane asservite, nelle mani di uno stato assoluto e fortemente centralizzato, operante attraverso una casta scalonata di funzionari economicamente privilegiati […]. Tale casta comprende tutta la burocrazia governativa nei suoi diversi settori, compresi i tecnici e gli organizzatori della produzione e della distribuzione, la polizia, l’esercito e col tempo, senza dubbio, il clero». Nel passo citato emerge il fenomeno tecnoburocratico quale elemento che denota il totalitarismo. Luce Fabbri, insieme a Luis Mercier Vega, è stata dunque tra i primi a introdurre nel movimento anarchico di lingua italiana un’indagine particolarmente stimolante, il concetto di tecnoburocrazia. Dopo aver inquadrato il tema tecnoburocratico all’interno del fenomeno totalitario, Luce Fabbri però pone in secondo piano gli aspetti economici del processo totalitario considerati «una delle manifestazioni del rapporto fondamentale tra gli individui e i gruppi sociali, ch’è essenzialmente un rapporto politico, un rapporto di potere».È quindi verso l’aspetto più genuinamente «politico» e «ideologico» del totalitarismo che Luce decide di concentrare la sua analisi. Proprio in relazione all’ideologia totalitaria, Luce Fabbri individua tre elementi principali che definiscono il regime totalitario: la neolingua, la visione ufficiale della storia, la militarizzazione delle intelligenze. Ma non si limita, nella sua riflessione, ad analizzare il fenomeno totalitario nel solo significato di nuovo regime. Si apre verso una prospettiva ermeneutica, cercando di leggere in ciò che accomuna fascismo, nazismo e stalinismo qualcosa che non riguarda soltanto l’intensità e la struttura dell’oppressione politica ma la sua essenza. Riconoscere l’onnipotenza del potere per Luce Fabbri non deve mai diventare un alibi per dichiarare impossibile l’azione. Soprattutto quando si è anarchici. Contro il potere è possibile gettare in aria le carte, con il coraggio e la forza di una volontà ritrovata, «una “tensione” adeguata».

Nel 1949 ottiene la cattedra di Letteratura Italiana all’Università di Montevideo, che terrà fino al 1991, esclusa la parentesi di dittatura militare (1975-1985). Numerosi sono i suoi saggi pubblicati su Dante, Machiavelli e Leopardi. Negli anni Cinquanta e Sessanta, accanto all’insegnamento, Luce si dedica alla militanza nel movimento locale, pur non trascurando contatti con gli ambienti italiani e internazionali. In particolare s’impegna in un movimento pedagogico per la riforma autonomistica della scuola secondaria. A partire dal 1985, con l’inizio del processo di democratizzazione dell’Uruguay, riprende la sua attività militante, a partire dalla riapertura di «Opción libertaria». Riprende anche i contatti con l’Italia, diventando per esempio collaboratrice della rivista «A rivista anarchica» di Milano. Nel 1993 Luce compie il suo ultimo viaggio in Europa, per prendere parte alla Exposiciòn internacional anarquista di Barcellona. L’intervento che legge al convegno, Una utopìa para el siglo XXI, viene pubblicato sul n. 205 di «A rivista anarchica» e può essere inteso come il suo testamento spirituale. Approfittando del viaggio a Barcellona si reca per qualche settimana in Italia: sarà per lei l’ultima volta che rivedrà il paese natale. Negli ultimi anni Luce si dedica alla scrittura della biografia del padre, Luigi Fabbri. Storia di un uomo libero, pubblicato nel 1996 dalla BFS. Attiva sino agli ultimi giorni della sua vita, muore a Montevideo il 19 agosto 2000 nella sua casa, in J.J. Rousseau 3659.