Lo Spaccio popolare autogestito di Bologna
Lo Spaccio popolare autogestito di Bologna è una delle attività che svolge il «Giaz», ovvero il Gruppo informale di acquisto zapatista. Vediamo quindi innanzitutto quale è stata la sua formazione e quali sono le sue caratteristiche.
Il «Giaz» si è costituito diversi anni fa ed è nato dalla scissione di un gruppo di compagne che formava il sottogruppo dello spazio sociale «Vag61» all’interno del «Gasbo», il Gruppo d’acquisto solidale di Bologna, per differenze di vedute sul senso della propria attività e della direzione che essa dovesse assumere.
Un punto cruciale era il rapporto con i fornitori. Innanzitutto non erano condivisi i criteri con i quali questi venivano scelti. Coloro i quali avrebbero poi formato il «Giaz» criticavano il fatto che il «Gasbo» decidesse di servirsi di un produttore solo sulla base di tre fattori: la comodità (cioè il fatto che il produttore fosse a km0), il biologico (cioè che il produttore avesse una certificazione biologica), gli sconti (ovvero la possibilità di spuntare un prezzo più basso lavorando sui grandi numeri), dando altresì valore al lavoro del produttore. Così si mette a critica la formazione del prezzo di un bene agroalimentare e/o di un trasformato, ben consci del fatto che solo un’alleanza tra chi produce e chi co-produce può portare a un prezzo equo. In questo modo si possono rendere partecipi anche le fasce di popolazione a basso reddito.
Le «giazziste» sostenevano invece che fosse importante anche un altro fattore, cioè quello umano, relazionale, tra produttore e consumatore. Anzi, enfatizzando la necessità di una relazione più stretta, fu avanzata la proposta di sostituire a «consumatore» il termine «coproduttore» come già avveniva all’interno dei mercati dell’associazione «Campi Aperti» (associazione che sostiene l’agricoltura biologica e locale, le cui origini risalgono alla fine degli anni Novanta e che è oggi molto radicata in città ), luoghi in cui le «giazziste» ancor oggi amano incontrarsi.