Contenuti

La WESPE trent’anni dopo: retrospettiva di un progetto anarchico che ha molto da raccontare

Contenuti

Arrivo alla stazione di Neustadt an der Weinstrasse (Germania) un sabato pomeriggio di aprile e ad aspettarmi ci sono Ede e Michael, due signori sorridenti sulla sessantina passata. Li riconosco perché, come mi hanno preavvisato, hanno con sé una bicicletta con un rimorchio che dà nell’occhio. In effetti li vedo subito, il carretto è coperto da un vistoso telo rosso e nero, vestigia di gloriosi tempi passati. Il rimorchio, ci dice subito Ede, ha trent’anni ed è perfettamente funzionante. Lo producevano negli anni novanta, alla Wespe, lui con dei colleghi che si erano messi a farlo professionalmente, però poi non ha funzionato, costava troppo.

Per me è molto emozionante rimettere piede in questa cittadina tedesca, dopo trent’anni. Ero venuta nel novembre del ’91, su invito di Horst Stowasser, per conoscere il progetto Wespe e per farne un articolo.

Ede e Michael ci scortano a piedi nel centro della bella cittadina, contornata dalle vigne del Reno, fino all’ Ökohof, una ex fabbrica di mobili acquistata all’epoca e tutt’ora gestita dalla loro associazione, che ospita una casa di mattoni molto bella con giardino, un ristorante e diversi annessi.

Su un lungo cartellone appeso al muro della casa si legge: «Vivere e lavorare equamente a prezzi sostenibili dal 1989 – Wespe: associazione  che promuove l’ecologia e la autogestione». E una bella vespa disegnata, simbolo del progetto.