Ursula Le Guin
Ursula Le Guin nacque il 21 ottobre 1929 a Berkley, in California, da Alfred L. Kroeber, noto antropologo, e Theodora Kroeber, autrice del bestseller Ishi in Two Worlds: A Biography of The Last Wild Indian in North America (1961). La vivacità intellettuale del suo contesto di crescita, punto d’incontro e di dialogo di scienziati, scrittori e nativi della California, alimentò significativamente il suo interesse verso le alterità culturali. In effetti, dopo gli studi in letteratura rinascimentale francese e italiana presso il Radcliffe College e l’ottenimento di un «Master of Arts» nella medesima disciplina presso la Columbia University (1952), la scrittrice diede vita a una produzione letteraria caratterizzata da una notevole versatilità, dove la spinta alla scoperta delle culture aliene e delle differenti società potrebbe essere individuata come il fil rouge complessivo.
In particolare, se la parte più ampia del corpus letterario dell’autrice, a partire dal suo stesso racconto d’esordio April in Paris in «Fantastic Science Fiction» (1962), è ascrivibile al genere fantascientifico, è altresì vero che Le Guin scrisse anche un centinaio di storie brevi, oltre che dodici volumi di poesia e cinque traduzioni, tra cui Tao Te Cjing: A Book about the Way and the Power of the Way di Lao Tzu (1997); anche i lavori di traduzione sembrano incarnare, in questo senso, il tentativo di gettare ponti, attraverso la parola scritta, tra lingue e culture differenti.
La precisa volontà di Le Guin di costruire un’eclettica identità di scrittrice, esulando da rigide etichette definitorie, sembra inoltre trovare una certa corrispondenza nello sviluppo libero e arborescente della sua stessa visione politica, che non appare in definitiva in alcun modo asservita a una specifica connotazione ideologica, ma risulta anzi profondamente originale, arricchita da fonti eterogenee.
In questo senso è interessante come, prescindendo dal radicato ateismo che caratterizzò il suo contesto famigliare, Le Guin fondò la propria scrittura sui pilastri taoisti dell’equilibrio e dell’armonia universale. La filosofia taoista, intrecciandosi allo spirito marcatamente anarchico e libertario dell’autrice, la portò a esprimere nelle sue opere una visione antropologica appassionatamente contraria a ogni forma di potere: nel suo pensiero, l’essere umano non poteva più assurgere al ruolo di conquistatore, ma si inseriva armonicamente nell’equilibrio universale, tentando forme di contatto con le culture a lui aliene. Seguendo l’interpretazione in chiave libertaria della filosofia del Tao, i contorni di questa prospettiva anarchica sarebbero, in questo senso, del tutto coerenti rispetto ai princìpi della pratica taoista, secondo la quale ogni tipo di legge repressiva si configura come una minaccia all’ordine e all’armonia naturale. Di qui la necessità di una vigilanza continua per impedire a uomini astuti di approfittare del sistema di governo per instaurare il proprio dominio. Inoltre, sulla base della credenza taoista per la quale gli esseri umani sono appunto naturalmente chiamati a vivere tra loro in equilibrio e armonia, Le Guin si fece promotrice di una visione antropologica dalla connotazione spiccatamente anti-gerarchica, per la quale gli individui sono (o dovrebbero essere) tra loro eguali, liberi e dotati di pari potere.
Già nei suoi primi romanzi, come Rocannon’s World e Planet of Exile (1966) – pubblicati negli anni appena successivi al matrimonio con lo storico Charles Le Guin, con il quale si trasferì a Portland ed ebbe tre figli – emerge la capacità di Le Guin di contaminare il genere fantascientifico, in quel momento da lei ritenuto ancora imperniato sulla «tradizione dell’uomo bianco che conquista l’universo», di temi rispondenti alla sua sensibilità: il «viaggio archetipico» di un protagonista che ricerca la propria identità attraverso un duplice viaggio (interiore ed esteriore), il pacifismo, la connessione identitaria con l’ambiente naturale, la riconciliazione degli opposti in un quadro di equilibrio universale.
La visione leguiniana si rese inoltre permeabile rispetto alla stagione politica delle rivendicazioni rivoluzionarie sessantottine, specialmente in relazione al tema delle disuguaglianze di genere: uno dei suoi più celebri romanzi, The Left Hand of Darkness (1969), si propose in particolare, ritraendo una società fatta di androgini, e dunque scevra delle tradizionali distinzioni sessuali, di effettuare un esperimento immaginativo volto a esplorare la dimensione dei ruoli di genere senza irrigidirsi nella visione radicalmente dualistica perpetuata dai canoni occidentali. Dirette conseguenze politiche di questa immaginaria «reiscrizione della natura» erano l’assenza di potere costituito, delle guerre, dello sfruttamento naturale e della concezione della sessualità come fattore sociale permanente.
La riflessione libertaria di Le Guin culminò infine ritraendo, con The Dispossessed (1974), il popolo anarchico di Anarres, che spingeva l’esigenza di difesa della libertà individuale fino allo sradicamento di ogni potere gerarchico, compresa la religione organizzata e la proprietà privata: gli si contrapponeva il popolo di Urras, improntato ai principi del capitalismo e dell’individualismo. La visione antidogmatica di Le Guin la spinse tuttavia a consegnare, con questo romanzo, un’utopia «ambigua» che, lungi dall’incarnare il tradizionale schema di incorruttibile equilibrio e armonia, mostrava punti di debolezza: i due paradigmi politici estremi di Anarres e Urras, dietro la maschera delle opposte ideologie, manifestavano infatti una medesima difficoltà a gestire il concetto di libertà, configurandosi, in ultima analisi, come riflessi delle reciproche incongruenze.
In The Dispossessed Le Guin sembra consegnare ai lettori un monito rispetto alle conseguenze che derivano dal chiudersi all’interno di paradigmi definitori e limitanti, dall’irrigidirsi in definizioni spinte fino all’estremo: pur nutrendo, anzi, un’evidente fascinazione e interesse nei confronti dell’anarchismo, dipinse Anarres come una società che radicalizza la propria adesione a questo pensiero politico fino a cristallizzarlo in una gabbia ideologica, dando vita a un clima oppressivo che soffoca, come anche avviene a Urras, la possibilità di sviluppare la lucidità e l’imparzialità necessarie per giudicare le proprie mancanze. Entrambi i pianeti, di conseguenza, non possono che da ultimo mancare la sfida di riconciliazione degli opposti che l’autrice, in accordo con la pratica taoista, individua come obiettivo cruciale del percorso evolutivo tanto dell’anima umana, quanto dell’ordine universale del cosmo nel suo complesso.
L’enfasi posta dall’autrice nell’evidenziare le fragilità dimostrate da entrambi i pianeti nel loro sforzo di dare costruzione al sogno sociale sul quale pure innestano le loro basi, potrebbe rendere forse opportuno non considerare The Dispossessed un’utopia o una distopia – la stessa Le Guin, non a caso, definì quest’opera come «un’utopia ambigua» –, ma come un esempio delle nuove forme di discorso utopistico emerse negli anni ‘70 del XX secolo con il nome di critical utopias: disegni utopistici non esenti da incongruenze e problemi, talvolta anche non risolvibili, che per loro stessa irrisolutezza permettono al lettore di sviluppare riflessioni critiche.
In effetti, con la descrizione di Anarres, Le Guin ha evitato di proporre ai lettori la soluzione di un mondo anarchico perfettamente compiuto, incontestabile e privo di lacune, che chiuda le porte all’immaginazione di alternative possibili. Al contrario, ha fatto propria una visione profondamente «aperta», per sua struttura rivedibile e correggibile, dunque intrinsecamente libertaria e non dogmatica, quasi a voler consegnare un «messaggio in bottiglia» per le generazioni future.
Nell’ideare un mondo anarchico dalle incongruenze così chiaramente evidenti, l’autrice sembra anzi abbracciare il problema critico della revisione dell’anarchismo posto per la prima volta da Camillo Berneri, che senza indugio negò che la società anarchica potesse essere «la società dell’armonia assoluta», e optò piuttosto per una «società della tolleranza».
La spinta libertaria e antidogmatica ha costituito la linfa inesauribile della produzione letteraria di Le Guin, che morì nel 2018 a Portland.