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Simone Weil

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Non si può non essere d’accordo con Albert Camus, che definì la Weil «l’unico grande spirito del nostro tempo». Farne memoria è, allora, un invito a chi ancora si interroga sul senso della vita a leggerla e rileggerla, perché le sue parole sono come lampi che illuminano per un istante la notte del mondo in cui viviamo e sono pensieri che possono trasformarsi in attrezzi indispensabili per affrontare i pericoli dell’attualità.Weil ha mantenuto nelle diverse stagioni della sua breve vita una coerenza radicale e ha guadagnato come conseguenza il ritrovarsi fuori dagli schemi e dalle convenzioni sociali, politiche e religiose, sempre impietosamente smascherate.Non è assolutamente ipotizzabile dividere, né distinguere, in due momenti la biografia della Weil: il periodo militante, che è esplicito nelle Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale (1934) e il periodo mistico, dopo l’incontro con il cristianesimo, che appare con chiarezza in numerosi altri scritti. Sembra di vedere un’estrema coerenza tra la battaglia per la destituzione e morte dell’«io» – unica condizione perché possa, come dono e non come conquista ascetica, rivelarsi il divino – e la battaglia, altrettanto dura, antiautoritaria e antitotalitaria, per non accettare l’identificazione con qualsiasi gregge, tradizionale o moderno.