Maschile plurale: l'immaginario maschile liberato dalla violenza
Questo articolo nasce a seguito di una lunga conversazione tra chi scrive e Stefano Ciccone, Marco Deriu e Alessio Miceli, tre componenti dell’APS Maschile Plurale, che ringraziamo per la disponibilità e la ricchezza di racconti e riflessioni che hanno condiviso. Aggiungiamo un’osservazione che ci è stato chiesto di esplicitare. Maschile Plurale non ha un portavoce e al proprio interno convincimenti e modi di intendere senso e attività dell’associazione sono sempre espressi dai singoli componenti in prima persona. Ne discende che quanto qui esposto - storia, visione politica e prospettive future di Maschile Plurale - è espressione della particolare visione dei tre componenti con i quali abbiamo avuto il piacere di conversare e non immagine univoca e omogenea di una esperienza che si nutre di ben più ampia “singolarità plurale” di punti di vista e rappresentazioni.
“La violenza contro le donne ci riguarda”
Intorno all’8 marzo 1985 i movimenti femministi si battevano per ottenere che la violenza sessuale venisse considerata come reato contro la persona e non unicamente come reato contro la morale. Il «coordinamento delle studentesse romane» lanciò, in quei giorni, «una sfida ai compagni maschi di avviare una riflessione separata, cioè di soli uomini sulla cultura dello stupro». Il volantino redatto per promuovere le iniziative per l’8 marzo recava il titolo «Le donne in piazza contro la cultura dello stupro. I maschi…». I «maschi» provarono a riempire quei punti di sospensione di un possibile dire sulle proprie responsabilità culturali e politiche in quanto portatori, anche se solo potenziali, di una «cultura maschilista dello stupro e dell’oppressione», prendendo da subito le distanze da un’autorappresentazione di «maschi aperti e illuminati», oppure anche solo solidali con le rivendicazioni femministe. Da questi primi passi prenderanno le mosse i primi gruppi maschili che nel tempo costituiranno, su tutto il territorio nazionale, una rete di «uomini» che si farà carico di mettere in discussione la «cultura dell’oppressione maschile».Nel 2006 alcuni componenti di questa rete produrranno un appello pubblico dal titolo: «La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini». L’occasione dell’appello fu determinata dall’efferatezza di numerosi casi di violenza maschile sulle donne avvenuti quell’anno che fecero emergere un’interrogazione sulle radici di una violenza così feroce e decidere di scrivere un «appello di uomini rivolto a uomini», disposti a riflettere e farsi carico della violenza maschile sulle donne.L’esperienza dell’appello rappresentò un passaggio di maturità importante, perché generò la possibilità di un impegno politico pubblico, collettivo e plurale, di «maschi» che prendono in carico la propria responsabilità della violenza di genere, che si aggiungeva ai percorsi individuali già attivi nei gruppi. Al contempo indicò, entro il dibattito pubblico, la possibilità di un immaginario sulla maschilità lontano da quello corrente e a questo contrapposto, proponendo una rappresentazione di maschi contro la violenza maschile. Inoltre, offrì ai maschi la possibilità di interrogarsi su come il desiderio maschile informi la propria coscienza di sé nelle relazioni di genere, determinandone in buona parte gli esiti. Diversi uomini in piazza Farnese a Roma, in una successiva manifestazione nel 2009, poterono così dichiarare pubblicamente: «io maschio, eterosessuale, mi assumo la responsabilità e riconosco il potere del privilegio maschile, ma, nello stesso tempo metto in gioco un desiderio di libertà e di qualità delle relazioni per me stesso, e non solo facendomi carico dei diritti altrui»3; evitando così sia il solco mitopoietico dell’inseguimento di un maschile originario buono, sia il politicamente corretto, inteso in senso regressivo e riduttivo, cioè di mera assunzione di responsabilità come uomini per bene. L’associazione Maschile Plurale, costituita nel 2007 come Associazione Culturale, nel 2018 divenne Associazione di promozione sociale per prendere parte in modo ancora più attivo al dibattito pubblico sulla prevenzione e contrasto alla violenza maschile sulle donne, entro processi decisionali finalizzati a realizzare esperienze efficaci e socialmente utili.
Costruire relazioni altre: un’azione politica antiviolenta
Se la politica ha a che fare con le relazioni, il conflitto, il potere, le trasformazioni, Maschile Plurale svolge un’azione politica, perché ciò di cui si occupa sono relazioni che producono dinamiche di potere e di dominio, e quindi, in questo senso, si trova dentro un processo di conflitto e di possibile trasformazione dell’esistente. L’azione di Maschile Plurale è azione politica anche per altri due aspetti, tenendo conto dello specifico di cui si occupa. Il primo è una critica radicale della «politica», che si esprime con il doppio rifiuto della «militarizzazione dei conflitti» e delle «logiche di appartenenza». Il secondo è ancora più interno alla riflessione sulla maschilità. La critica del dominio maschile, compiuta da «maschi», deve fare i conti con il fatto che i soggetti che intendono mettere a critica l’ordine simbolico maschile sono parte di quell’ordine stesso.
Si tratta allora di un’esperienza che deve vigilare sulla propria complicità, anche soggettiva, ossia su quanto si è attraversati dalla riproduzione del conflitto nelle forme dell’aspirazione al dominio e dei vantaggi che ne derivano, anche per evitare di presupporre in modo implicito e scontato la propria innocenza o la propria estraneità a tali dinamiche. L’esperienza di Maschile Plurale parte dal riconoscimento che ci sono differenze che sono vissute, significate, ripensate, rimesse in parola nelle nostre vite, nelle nostre relazioni, che per noi hanno avuto un significatoe questo significato non è un significato esclusivamente privato, anzi, fa parte di una presa di coscienza pubblica e collettiva. Il che vuol dire riconoscere che i problemi, le difficoltà, i conflitti, ma anche le forme di violenza e di dominio, sono frutto di processi di relazioni collettive, così come le vie di liberazione e di superamento delle forme di dominio o di contrasto ad esse sono vie che nascono dalle relazioni. In termini più ampi, l’agire politico di Maschile Plurale ha a che fare col tema della politica come cura di sé e degli altri, dello spazio condiviso, dell’ambiente, come con il tema del contrasto alla violenza. Il piano dell’agire politico di Maschile Plurale riguarda quindi il tentativo di portare questi temi, e in primo luogo il tema della violenza e del dominio maschile, nello spazio pubblico e di avviare su questo una riflessione pubblica con gli uomini, con i maschi. La parola che si condivide pubblicamente può prendere corpo, la si può ascoltare e può arrivare a individuare e costruire azioni comuni. Che sia un «tavolo» nelle reti dell’antiviolenza, che siano interventi educativi, che sia una campagna di sensibilizzazione contro la violenza maschile sulle donne, si tratta sempre di cercare un’entrata nelle cose pubbliche a partire da quello che si vive nelle relazioni quotidiane per poi aprirsi alle trasformazioni dell’esistente.A volte questo sforzo arriva lontano, come nel caso della partecipazione al piano antiviolenza nazionale. Altre volte, rispetto ai diversi ambiti di intervento di Maschile Plurale, che sono, oltre all’azione dell’antiviolenza, la formazione, l’educazione, la comunicazione e l’attivismo politico, si giunge a risultati localmente più determinati e circoscritti, ma egualmente significativi.
Compiti per il futuro
In che misura il lavoro di un’associazione come Maschile Plurale può produrre effetti tangibili su un cambiamento di paradigma culturale, di ruolo, di visione del maschile così necessario nella nostra società? I soggetti attivi di Maschile Plurale sono pienamente consapevoli che, nonostante l’associazione sia cresciuta e consolidata, molto lavoro rimane ancora da fare.Anzitutto, il grande cambiamento maschile in corso – nella cura, nei desideri, nel rapporto col corpo, con il lavoro – necessita tutt’oggi di riconoscibilità sociale e pubblica. Necessita, anzitutto, di un nuovo vocabolario. Un tema che è stato ampiamente sdoganato è quello per esempio della paternità: i padri oggi investono maggiormente nella cura, nella messa in gioco, nell’intimità. È crollato il modello autoritario, ma non si trovano parole per dirlo. Si parla di «mammi», con tutto il carico riduttivo e banalizzante che ciò comporta, mettendoli così in competizione col femminile. I padri separati sono paradossalmente la dimensione più visibile di soggettività maschile, mettendo in gioco la propria sofferenza e vulnerabilità (cosa che i padri delle generazioni precedenti non si sognavano di fare), ma vivono questa esperienza in solitudine, senza riconoscimento da parte di altri padri o da parte di soggetti femminili. Altro campo di grandi cambiamenti su cui provare a innestarsi è quello della cura del corpo degli uomini. Oggi ci si concede molto di più, ma poi il richiamo a far rientrare questa istanza nel vecchio modello maschile tradizionale è troppo forte e allora il corpo rimane strumento, oggetto a disposizione della propria identità e non luogo della stessa. Maschile Plurale ha avuto un ruolo politico e culturale significativo in Italia e per un lungo periodo è stato il principale soggetto riconoscibilesui temi della maschilità, della violenza maschile, della paternità e delle relazioni con il femminismo, ha contribuito al cambiamento su alcuni temi e ha sempre saputo parlare con pezzi diversi del femminismo italiano, talvolta in conflitto tra loro. Maschile Plurale ritiene sia giunto il momento di riconoscere una reciprocità con il movimento LGBTQ+, perché misoginia e omofobia condividono la stessa matrice culturale. L’impegno politico di Maschile Plurale diventa allora oggi quello di provare a riconnettere le nuove condizioni di libertà negata (per esempio dai ruoli stereotipati) non solo in termini di solidarietà o di diritti civili, ma come comune terreno di lotta e di conflitto.All’interno dell’associazione Maschile Plurale circola, in un’ottica prospettica, anche l’urgenza di passare dai temi della maschilità e delle differenze di genere a una discussione in cui questi temi diventino una lente, una chiave per intrecciare collegamenti con altre questioni, per esempio quella ecologica, del cambiamento climatico o il tema delle migrazioni umane. Parole chiave per il futuro rimangono per Maschile Plurale la «pluralità» e la «parzialità» maschile, parole che diventano strumento nella costruzione di una visione che si fa intreccio di sensibilità e percorsi: la possibilità di rileggere le vicende del mondo in chiave plurale (non solo in termine di generi) potrebbe avvicinare le nuove generazioni e creare un substrato fertile per integrare anziché dividere.