L’Iran e l’Islam politico. Una lotta continua per la libertà
Sfogliando le pagine della storia moderna iraniana, si comprende come negli ultimi secoli in questo antico paese la religione e il clero sciita abbiano sempre avuto un ruolo attivo nella politica. La religione, rappresentata dall’apparato clericale sciita, è stata l’alleata principale dell’istituzione monarchica iraniana per secoli (dal XVI secolo fino al 1921), una fonte legittimante per le dinastie governanti e una valvola di sfogo nei momenti in cui il furore della società scrollava le basi del potere dell’ancien régime iraniano. Tuttavia, la Repubblica islamica, fondata nel 1979 da Khomeini con il contributo di gruppi marxisti, ha costituito una novità storica: la religione, come istituzione, è divenuta da allora unico riferimento e detentore del potere politico.L’Iran odierno è l’eredità diretta dell’Impero Safavide, dinastia sciita che governò la Persia tra il 1501 ed il 1736. Dopo l’invasione degli arabi musulmani, fu lo Scià Ismāīl, fondatore dell’Impero Safavide, a unire sotto un’unica giurisdizione gran parte dei territori dell’antica Persia. Con i Safavidi l’Iran rinacque come Stato-nazione dotato di un governo nazionale e finì un lungo periodo di frammentazioni, guerre civili e occupazioni straniere. La storiografia iraniana non è stata in grado di chiarire se la transizione verso lo sciismo sia stata soltanto una maledizione o abbia avuto anche qualche impatto positivo. I Safavidi imposero con la forza la loro versione dell’Islam, che sotto molti punti di vista era in contrasto con l’Islam ortodosso professato dagli arabi. Lo sciismo diventò un elemento distintivo dei Persiani dal resto del mondo islamico, all’epoca quasi unanimemente rappresentato dall’Impero ottomano.