La terra e il collettivo, l’organizzazione economica zapatista
Tierra y libertad, questo il motto con cui Emiliano Zapata guidò l’esercito di liberazione del sud nella rivoluzione messicana all’inizio del secolo scorso. Una rivoluzione tanto radicale nei presupposti quanto effimera nei risultati, per la svilente riproduzione degli stessi meccanismi di potere anche dopo la destituzione del dittatore Porfirio Díaz. Sul finire dello stesso secolo compariva sulla scena mondiale l’Ejército Zapatista de Liberación Nacional che, riprendendo gli stessi valori, rompeva in realtà con tutte le rivoluzioni novecentesche fino a quel momento osservate.
«L’EZLN», nato come costola dei movimenti guerriglieri marxisti leninisti messicani, trae la sua forza proprio dal distaccarsi dall’ideologia originaria per contaminarsi con la componente indigena, che ne rappresenta la quasi totalità dei membri. Uno degli effetti più evidenti di questa trasformazione la vediamo fin dalla loro prima uscita pubblica, nel levantamiento del primo gennaio 1994. Questo poiché appare subito chiaro come la sollevazione armata non abbia come obiettivo la presa del potere e l’entrata trionfante a Città del Messico, anche se questa era un’opzione non scartata a priori se il popolo messicano intero avesse appoggiato la ribellione. L’obiettivo primario fu la liberazione dei territori indigeni del Chiapas e conseguentemente la redistribuzione della terra, premessa fondamentale all’amministrazione autonoma che vi sarebbe sorta. La stessa data del primo gennaio 1994 non fu scelta per caso, ma coincideva con l’entrata in vigore del trattato di libero commercio con Stati Uniti e Canada (NAFTA), identificato immediatamente come un accordo neoliberista che avrebbe dato il colpo di grazia soprattutto alla classe contadina indigena.
La terra è il fulcro delle rivendicazioni indigene perché rappresenta l’elemento centrale della riproduzione sociale delle comunità: senza la terra manca una fonte di sussistenza autonoma, obbligando a ricorrere al lavoro salariato per la sopravvivenza e corrompendo quelle che sono la caratteristiche della vita sociale ed economica delle comunità indigene. L’economia comunitaria indigena si discosta infatti dall’economia capitalista per due fattori in particolare: il lavoro e la proprietà.