Gli ecomusei. Una proposta alternativa al turismo di massa
Il concetto di ecomuseo nasce in Francia nei primi anni Settanta sull’onda dei movimenti di contestazione con l’obiettivo di superare schemi e definizioni di vecchio stampo anche nel mondo della cultura: «i teorici francesi volevano delineare una nuova formula museale in grado di oltrepassare i confini accademici, mettendo al centro dell’attenzione un approccio olistico del “fare cultura”, una provocazione intellettuale che solo nei decenni successivi è giunta a una declinazione operativa». La proposta scardina quindi l’idea di un museo statico e costituito da oggetti e apre l’orizzonte a un’osmosi con il territorio: in primo luogo l’ecomuseo non ha pareti e inoltre si configura indissolubilmente legato all’ambiente, come espressione del territorio da conservare. Il neologismo ecomuseo è stato coniato da Hugues de Varine, archeologo, storico e museologo, che nel 1971 ha dato questa definizione: «L’ecomuseo è un’istituzione che gestisce, studia, utilizza per scopi scientifici, educativi e in generale culturali, il patrimonio globale di una comunità che comprende la totalità dell’ambiente naturale e culturale di questa comunità. L’ecomuseo è quindi uno strumento di partecipazione popolare alla pianificazione territoriale e allo sviluppo comunitario». Interessante è notare come negli anni successivi de Varine aggiungerà una precisazione a questa definizione: «Rimpiango di aver usato la parola istituzione, alla quale preferirei oggi progetto, ma non avevo ancora scoperto che l’ecomuseo è prima di tutto un processo».