Come vuoi essere punito? Le alternative al carcere tra disciplina ed esclusione
La violenza del carceree le alternative coerenti con la sua funzione
Quando a Michel Foucault venne chiesto di parlare di alternative al carcere in occasione di un convegno a Montreal nel 1976, lui non nascose un certo imbarazzo. In quell’occasione provò a spiegare il suo disagio con un esempio. Parlare di alternative al carcere significa parlare di alternative tra diverse punizioni. Sarebbe come chiedere a un bambino di sette anni: «Senti, visto che tanto sarai punito, cosa preferisci: la frusta o saltare il dolce?». Ecco, questa osservazione racchiude il nocciolo del problema. La risposta a questa domanda sarebbe pressoché unanime e sembra avere una portata più evocativa che euristica. Ma se evitiamo di concentrarci sulla probabile risposta e ci soffermiamo piuttosto sul semplice fatto che la domanda è stata posta, riusciamo a cogliere un aspetto profondo, forse essenziale, delle misure alternative (nello specifico) e di un’alternativa al carcere (in generale). A connotare l’alternativa al carcere è proprio la possibilità di scegliere tra il carcere e qualsiasi altra cosa che, almeno in teoria, dovrebbe essergli sempre preferibile.Senza andare troppo lontani, è dalla prima metà del Novecento che si parla del carcere come luogo di sofferenza per eccellenza, rispetto al quale è e deve essere preferibile ogni situazione di degrado materiale e morale all’esterno di esso.